Episodio 11 – Giovanni Denti

L’intervista a Giovanni Denti si svolge nella biblioteca comunale di Ottana, che lui frequenta con regolarità, la mattina al rientro dalla campagna della quale parla con passione. Il bibliotecario, Antonio Puggioni, garantisce un’apertura di 37 ore settimanali, una rarità per comuni di questa dimensione, sotto i tremila abitanti. Prezioso nei contatti con gli operai che non conosciamo direttamente e nella registrazione di incontri e assemblee che si svolgono in biblioteca, Antonio conserva foto e video che hanno a che fare con il cinquantennio industriale in un hard disk apposito, mentre una piccola sezione della biblioteca è dedicata alla fabbrica.

 

Giovanni Maria Denti, nato a Ottana, luglio del ’49. A cinque anni e mezzo ho trovato un ordigno bellico, è esploso, mha causato un’invalidità di guerra alle mani. Successivamente mi hanno fatto entrare nei collegi di don Gnocchi e dalla terza elementare in poi ho frequentato le scuole a Torino, le elementari, a Roma le medie e a Parma la ragioneria dove nel 1969 mi sono diplomato.

 

UC: Che diploma Giovanni?

 

Ragioneria. C’era già, per quanto riguardava Ottana, dopo in effetti che la Commissione Medici aveva svolto lo studio su questa zona, si parlava già di Ottana come una zona adatta il sorgere di queste industria chimica Eni Montedison per sconfiggere il malessere esistente.

 

UC: Però torniamo all’infanzia, perché tu arrivi giusto in tempo quando…. Ma aspetta: di che famiglia eri?

 

Innanzitutto, c’era un altro particolare, che ero nato che pesavo settecento grammi ma poi grazie a Dio c’è stato un leggero sviluppo, si vota ride ma è stato superato anche se erano anni così critici dove anche la medicina era ancora molto indietro, erano riusciti in effetti a mandare avanti la crescita.

 

UC: In che famiglia sei nato?

 

Mio padre era agricoltore poi successivamente emigrato e negli anni fine ’60 faceva il lavoratore qui a Ottana, guardia dell’impresa di Berardi, la famosa Pvb. Quando sono nato io lui era in campagna, in casa eravamo sei figli, tre maschi e tre femmine, ben divisa la proporzione, c’era la quota rosa…(ride)

 

UC: Terreni di proprietà?

 

No, piccoli appezzamenti, ma poi mio padre era entrato nel discorso dell’Etfas, sempre negli anni ’60, a metà degli anni ’60 è emigrato prima a Milano poi in Germania, era andato via da solo. Noi guardiamo gli emigrati di oggi ma i nostri italiani in Germania erano alla stessa maniera, stavano nelle baracche famose.

 

UC: La ricorderesti come una infanzia e una crescita faticosa oppure…

 

Si sopravviveva, diciamo. Perché effettivamente la vita era molto battagliata ecco, si vede che se c’è l’agricoltore, l’emigrazione, si vede che proprio mancavano gli elementi necessari.

 

UC: Tu sei andato via a sei anni?

 

A nove anni, dalla terza elementare in poi.

 

UC: Che ricordi hai dei tuoi compagni di scuola, il paese di allora?

 

Il mio carattere mi ha dato la possibilità di avere sempre dei contatti, ancora oggi ogni anno cerchiamo di riunirci quelli della mia età, quelli del ’49, i fedales e ci facciamo un sabato sera la messa, il ricordo di quelli che ci hanno lasciato e riusciamo ancora a vederci, a tenerci molto uniti..più che parenti, ancora oggi. Questo legame, una cosa molto spontanea ecco.

 

UC: Che episodio di verrebbe in mente dell’ Ottana di allora, a parte il fatto traumatico?

 

Più che altro vedo la solidarietà per quanto riguarda non solo i parenti, ma anche il vicinato, era tutta una famiglia. S’occhisura de su porcu, un esempio, o quando si faceva il pane, quelli del vicinato aiutavano e poi avevano sempre la ricompensa in pane, sa parte de su poveru, ecco quelle son cose che man mano durante gli anni e specialmente Ottana perché in effetti prendendo una mentalità industriale ci siamo ognuno chiuso nel suo orticello.

 

UC: Ma siccome è un’età particolare quella, in Sardegna eravamo…gli anni ’50 erano un’altra era… Com’era il paese, le strade come le ricordi, le case?

 

Ottana effettivamente ha cambiato totalmente con l’industria, le strade di prima, dentro il paese più che altro era acciottolato, strade…terreni battuti.

 

UC: Questa grande miseria con la quale vengono descritti i nostri paesi la ricordi?

 

Sì specialmente Ottana dove non c’era un tipo di economia pastorale, ma prettamente agricola, quel pezzettino di terreno doveva rendere. Ha dato una svolta un pochino, un’idea, esclusivamente l’arrivo dell’Etfas creando queste vigne, gli orti, perché nella produzione di granaglie che era in effetti l’obiettivo dell’Etfas non erano secondo me terreni prettamente adatti…

Poi uno doveva prendere le sementi esclusivamente da loro, lo stesso i concimi, alla fine dei conti se uno faceva il conto monetario non c’era alcun beneficio, insomma solamente il mangiare, si chiudeva lì.

 

UC: Com’era casa tua, chiedeva Francesca

FA: La puoi descrivere?

 

La prima casa dove sono nato era una stanza vicino alla casa di mio nonno materno, poi successivamente mio padre era riuscito a comprarsi un pezzo di terreno e a farsi la solita casetta con cucina, stanza, bagno, e lì ci ha allevati. Nella casa fatta da mio padre il bagno era interno, invece nella precedente era un bell’orto dove ci si era un po’ anche arrangiati a fare i servizi, oh, non avevamo né doccia né vasca da bagno (ride)

 

FA: E il cibo, cosa si mangiava?

 

Diciamo…in generale, siccome mia nonna era la cuoca qui a Ottana dei matrimoni, con poche cose, con qualsiasi cosa riusciva effettivamente a mettere insieme pranzo e cena. Adesso ci sono tante pretese, il ristorante… Ma prima con fettine di vitello, una pecora, le patate, si riusciva… tutte quelle piccole cose che allora erano eccellenti, migliori dei gamberoni di adesso (ride). Poi tra l’altro oggi abbiamo tante cose, abbiamo tutto si può dire, a livello alimentare, però effettivamente non c’è più niente che ci attragga, cosa desideriamo? Cè tutto e non troviamo soddisfazione in quello che consumiamo.

 

FA: Allora cosa desiderava, per esempio?

 

Era già gradita la pastasciutta, la carne la domenica, un pezzo di pecora condita ecco, non le specialità.

 

UC: Giovanni tu sei tra gli intervistati da quel ragazzo che ha fatto la ricerca su Ottana, Francesco Zedda?

 

Sono nell’associazione con Angelo Bosu. Più che altro abbiamo fatto la raccolta dei documenti esistenti su Ottana e infatti qui in biblioteca abbiamo tutta la serie di questa associazione.

 

UC: Invece nella scuola avete le foto, no?

 

Le foto dell’industria, l’ingresso degli operai…abbiamo una serie di un venti trenta foto dei vecchi tempi. Il Comune se n’è interessato, queste sarebbero nel salone.

 

UC: E lei ha delle fotografie della fabbrica?

 

No no no… Avevo delle foto del mio primo lavoro perché non sono entrato nell’Eni direttamente, ma ho fatto lo sbancamento della zona industriale.

 

UC: Adesso ci arriviamo. Ma torniamo alla scuola in continente.

 

Ah bellissimo. Io ho ancora i contatti con questi amici, io li vedo ancora, quando riesco a sganciarmi dalla famiglia e dagli altri impegni io una settimana me la faccio proprio con i compagni di collegio e di scuola. Per esempio ogni anno mi facevo il viaggio a Parma perché facevamo una cena con tutte le classi dei ragionieri, un sabato o una domenica, ci riunivamo con tutti i diplomati del 1969 e ci vedevamo con tutti i dilomati del Melloni, la mia scuola.

 

FA: A nove anni parte da solo o qualcuno la accompagna?

 

Di solito…o mio padre o il padre di un mio amico di Ollolai che era focomelico ed era con me in collegio. Poi da appena appena grandetto, dalle medie viaggiavo da solo a Roma.

 

UC: Quella era una formazione religiosa anche o di tipo professionale, non vi spingevano a diventare preti?

 

Come dirigenti del collegio avevamo i ”Fratelli delle scuole cristiane”. La crescita religiosa sì, ma era solamente scuola.  Quando eravamo alle elementari anche la scuola era del collegio, invece a Roma e a Parma erano scuole esterne, professionali.

 

UC: Non era forte il condizionamento religioso, non lo soffrivi comunque tu?

 

No no no, non si veniva direttamente pressati, era un qualcosa che ci facevano loro nascere senza neanche renderci conto, ma non solo dal lato religioso ma anche nei rapporti con gli altri, ci hanno fatto diventare molto…

 

UC: Non ti è mai venuta voglia di scappare? Non la vivevi come una costrizione?

 

Mi piaceva. Tra l’altro come carattere mi interessavo a tutto. Un esempio, specialmente dalle medie in poi, il responsabile ad esempio per la radio durante le ore di ricreazione ero io, infatti di musica ero talmente apprezzato.

 

UC: Ma ti piaceva la meccanica, le valvole…

 

No no no, certo qualche cosettina perché funzionasse bene con un buon suono, un ascolto chiaro, quello sì. E mi interessavo di tutti gli sport, calcio eccetera. Quelli sì, Ecco perché mi piaceva il collegio, come anche durante il lavoro, a me le giornate che mi davano più fastidio erano il sabato e la domenica perché il lavoro per me era un divertimento nello stabilimento. E mi ero creato in effetti l’autonomia, non avevo responsabili ecco, in poche parole. Io per esempio dal 80 in poi volevo andare a Milano per qualche corso perché ero molto preparato in materie di contabilità e ragioneria, ti spiego il perché poi, e allora mi piaceva fare anche programmi. Io dal ’74 i famosi 730 di adesso io me li sono fatti nel computer in stabilimento, gli mettevo quei dati, gli importi e avevo tutto. Che poi dal ’74 sino all’anno scorso avevo il patronato. Adesso si chiama Nasai che era una conseguenza della Uil, ho coinciato alla Uil, infatti da Nuoro mi spostavo in tutta la zona, poi pian piano sono riuscito a formare un patronato con tre signore e l’anno scorso ho detto: Sentite un attimino ormai io sono di peso, fate voi… e io ho lasciato. Anche se siamo tuttora in contatto telefonico oppure se c’è una persona che ha una necessità la indirizzo a loro. Sto venendo, ve lo porto.

 

UC: Siccome hai fretta di arrivare alla fabbrica torniamo al tuo diploma che coincide con l’apertura a Ottana. Era nelle cose (programmate) per te che dovessi tornare in Sardegna dopo il diploma o l’avevi escluso di tornare?

 

In quarta di ragioneria, nella seconda metà dell’anno scolastico e in quinta idem io ho lavorato proprio per darmi una infarinatura professionalmente alla Barilla. Ecco perché io la contabilità la conoscevo, quando sono arrivato qui a Ottana la conoscevo.

 

FA: Per quanto tempo alla Barilla?

 

Il pomeriggio, qualche ora nell’amministrazione, come studente.

 

UC: Era una anticipazione di quei contratti scuola lavoro, come li chiamano.

 

Sì sì, ma è stato talmente utile che per esempio a me, a livello di lavoro, di mandare avanti… me ne fregavo del mio responsabile che era laureato in economia e commercio, qui a Ottana.

 

UC: Come ricordi la Barilla, una realtà enorme…

 

Più che altro ero negli uffici dellamministrazione, non vedevo la parte della produzione.

 

UC: Avendo anche questa esperienza era un’ipotesi che tu potessi startene lì, non era un imperativo categorico tornare in Sardegna, o no?

 

No no, ma addirittura dopo Ottana mi volevano a Milano, alla Cucirini internazionale, responsabile amministrativo. Quando hanno saputo che nel 2000 io andavo in pensione mi dissero: Senti se vieni ti diamo la categoria io a Ottana avevo il massimo per un impiegato e in più  ti diamo tre anni di trasferta e la casa, questo mi dava la Cucirini, dietro al Pirellone. Però anche lì in quel momento…

 

UC: Cominciavano ad arrivare a Parma  le notizie che a Ottana stava succedendo qualcosa.

 

A fine ’69 questo discorso aveva già… Quando mi son diplomato ho deciso di rientrare per accomodarmi qui a Ottana nell’industria, perché sai la nostalgia ci frega, nel bene o nel male a volte ci frega.

 

UC: I tuoi fratelli e le sorelle cosa facevano?

 

Le sorelle casalinghe, il mio fratello che viene dopo di me, del ’55, è entrato anche lui nell’industria, all’Eni, nell’impianto, l’altro fratello invece da ragazzino dopo gli studi gli piaceva la meccanica, prima è andato in un’officina, adesso è a Pavia alla Sannazzaro, sempre impianti…però in effetti è in una società di manutenzione. Lui è del ’62. Si è comprato casa e tutto.

 

UC:Sono stati tutti avviati allo studio, i maschi. Invece le sorelle no?

 

No no no, i maschi. Le sorelle hanno fatto le medie, invece i maschi tutti quanti… Il secondo per esempio era orientato per il seminario. Ma l’idea loro era di darci un titolo di studio che effettivamente… è indispensabile.

 

UC: Tu a quel punto arrivi qui e la prima occupazione è un’impresa esterna.

 

No, appena arrivato, siccome aveva un pezzo di terreno proprio in quella zona una mia zia, chi è venuto a comprare i terreni la Snam – mi ha subito individuato che gli serviva un accompagnatore e allora lo accompagnavo nelle varie trattative dei vari proprietari. Poi successivamente bisognava sempre per il consorzio – fare una statistica in tutti i paesi del centro Sardegna, nei vari comuni. A me mi avevano scelto per andare nella zona di Bosa con un altro collega – anche lui è a Bosa adesso ed era dipendente anche lui Eni – e abbiamo fatto questa statistica. Nei comuni in effetti c’era la parte anagrafica e la parte economica, questo nel ’69.

 

UC: Ti aveva incaricato il consorzio? Cosa ti ricordi di quella fase? La difficoltà della gente a vendere? E le transazioni? Quanto pagavano?

 

Tranquillo. I prezzi erano dipendeva da chi era la controparte in effetti dai 600 ai 750 mila lire a ettaro. Poi il discorso… potevano anche dire: se non vendi espropriamo eccetera, e la gente vendeva, sì sì.

 

UC: Qualche episodio particolare ricordi, tipo quello che si racconta in Gallura del contadino pastore che aveva una grande estensione di terreno per la quale avevano offerto miliardi e lui aveva risposto: miliardi!? Non vi bastano milioni per comprare i miei terreni (ride)

 

No no, c’era anche gente diciamo… nessun problema perché ormai la gente dopo tutto il can can, perché le prime voci addirittura non erano due tremila dipendenti ma erano settemila eccetera, allora aveva un po’… Poi Ottana a fine anni ’60 aveva ancora molti emigrati, si parlava di seicento emigrati e c’era anche la prospettiva che rientrassero anche questi dall’estero, mentre il paese non penso che arrivasse a duemila, milleseicento millesettecento ecco, orientativamente. Ma ce l’ho quel dato, lavevo intravisto su questo libro…vedevo anche lo sviluppo delle attività, da quelle degli anni 60 a quelle degli anni 70.

 

UC: Comunque fai anche questa esperienza di statistico…

 

E infatti eravamo una quindicina in quella zona di Bosa, abbiamo preso una casa a Suni per poterci muovere, e mi era talmente piaciuto che Bosa era la mia città…mi son preso la casa poi, un terreno, un oliveto (ride). Poi ho avuto la possibilità di costruire la casa che è la cosa migliore che abbia fatto. Le ragazze studentesse, per studiare, a Bosa.

 

UC: Tu quando ti sei sposato?

 

Nel ’79, con una donna di Silanus. L’ho appena accompagnata a Silanus perché la mamma ha necessità un giorno sì un giorno no ci va mia moglie.

Abbiamo avuto tre figli, due donne e un maschio. Le donne una assistente sociale, a Thiesi, ha vinto il concorso a Bortigali, dopo aver fatto Sedilo, eh. Manuela Denti.

 

UC: Ah, io me la ricordo perché allora mia sorella era assessore ai servizi sociali. E adesso sta a Bortigali?

 

No, adesso sta a Ottana ha iniziato da poco. L’altra invece è insegnante di religione a Sarule, Orani e Oniferi. Mio figlio invece è diplomato in agraria.

 

UC: Sicché a Bosa, dopo linnamoramento della Planargia…

 

Nel ’75 c’era mia sorella che soffre di distrofia e le avevano indicato Bosa per andarci a camminare, fare le sabbiature eccetera. L’avevo accompagnata io e lì avevo conosciuto mia moglie. Un colpo di sole (ride). E da lì mi era talmente piaciuta Bosa che avevo già individuato anche la casa, dal 75, poi me la sono comprata successivamente, ma una casetta piccola, fatta in pietra di Bosa, piccolissima. Poi nel 2000 aspettando che nascesse il terzo figlio, maschio, ho venduto quella che avevo e ne ho preso un’altra più grande, a Bosa Marina, vista mare, sì sì sì. Sulla circonvallazione, l’ultimo stabile sulla sinistra che ha un parcheggio davanti, cementato.

 

UC: Tu torni da tutte queste esperienze, un po intellettuali tra virgolette, ed entri nell’impresa esterna. Come mai?

 

In effetti lo sbancamento… L’Eni aveva individuato questa impresa di Bergamo, di Ghitti, la Coges, è arrivata e come ragioniere mi hanno subito cercato. La preparazione ce l’avevo già, infatti il loro ragioniere è venuto due giorni siamo in contatto ancora adesso (ride) e poi mi ha lasciato mano libera e infatti avevo tutte le buste paga che mi facevo io, e sono arrivati con questi mezzi speciali, le pale, le palette, i famosi greder di nove, di otto eccetera…e un’altra società di camion, mentre qui erano sos tigrottos, quelli che avevamo noi, invece sono arrivati subito con questi enormi camion, un’altra società con una trentina di camion, la Bramino sempre di Bergamo. Tieni conto, direttamente questi screper che venivano messi in moto direttamente spinti dai D9 poi caricavano e facevano tutto loro. Erano enormi, i più potenti, di movimento terra. Caricavano e scaricavano.

 

UC: Era linzio di tutto lì?

 

Eravamo i primi, i primi, ottobre del ’70. Infatti abbiamo avuto il 17 ottobre – una decina di giorni dopo che avevamo iniziato – la prima vittima, che era un ragazzo di Bergamo che era andato a portare acqua a un suo collega che era sopra un mezzo, questo non se n’è reso conto, ha fatto marcia indietro e… Il nostro responsabile, che era anche il socio della Coges, sempre Ghitti geometra, invece, era stato assassinato a Ottana, c’è una via intitolata a lui, poi passiamo dove è stato assassinato. Io sono in contatto con la famiglia, volevano anche lasciarmi tutti i dati del processo, però non ho voluto. Inizialmente hanno potato avanti la teoria del sequestro ma poi era più che altro per contrasti con altre società.

 

UC: Ma la giustizia non aveva mai trovato i colpevoli?

 

Sì, è stato fatto il processo. Ma non ho voluto mai approfondire.

 

UC: Quindi una prima esperinza segnata da questo brutto fatto.

 

Sì poi è toccato diventare io responsabile di questo centinaio di dipendenti, avevano preso parecchi ragazzi di Ottana che avevano cominciato a conoscere questi mezzi di movimento terra, molto importante.

 

UC: Tu hai diretto limpresa?

 

Io sono riuscito a trovare un geometra molto in gamba a Ozieri, il geometra Niedda e abbiamo proseguito, c’era anche un cognato di quello che hanno assassinato, fratello della moglie, e si è continuato. Nel ’70 e poi nel ’71 sono stati fatti tutti i lavori di sbancamento.

 

UC: Tu quanto sei rimasto lì?

 

Fino alla fine del ’72, quasi due anni.

La campagna è diventata un campo sportivo… poi se riusciamo a entrare in stabilimento…vediamo un pochino (ride). Perchè adesso non c’è più l’ingresso principale, bisogna passare dal vecchio ingresso merci, però dovrei riuscire a trovare la persona giusta che ci dia… Prendiamo qualcuno degli operai in modo che i vari reparti operativi ce li indichino, questo è il poliestere, questa la chimica

 

UC: Lo programmiamo per un altro giorno.

Fatto sta…tu lasci un enorme campo sportivo. E a quel punto?

 

A quel punto poi a maggio del ’72 sono stato assunto dall’Eni direttamente. Da tener conto che già dalla fine del ’70  e nel ’71 molte persone sono state mandate negli altri stabilimenti, Pisticci etc, per fare esperienza, per diventare poi diciamo capetti, ecco (ride). Invece io no, sono stato assunto, avevo la qualifica, l’esperienza, e infatti subito son passato responsabile cassa, banche. Subito.

 

FA: È passato tramite un colloquio?

 

No no, direttamente. E subito ho avuto questa posizione in amministrazione, ecco perché vi dicevo che ero…conoscevo tutti e tutti mi conoscevano, perché la cassa era diciamo… inizialmente i pagamenti li facevamo noi come amministrazione, direttamente in contanti. Un particolare, i contanti, da un assegno dovevo portarmi soldi, sai, sei partito da…milioni degli anni ’72 e ’73 a miliardi. Poi nel ’84 sono stati emessi a disposizione dei dipendenti non i contanti bensì gli assegni da ottantamila lire, proprio per evitare il giro di contanti.

 

FA: Ci sono state rapine?

 

No ma io non avevo paura, andavo da solo, andavo con l’assegno, tornavo con i contanti, i soldi in macchina con la 127. Andavo con la mia macchina o con quella aziendale, se era necessario prendevo il pullman, perché di solito era il Banco di Roma a Cagliari che ci dava i contanti, oppure il treno. No no, però ero tranquillo, avevo più paura di qualcuno internamente che.. anche perché ero abbastanza (ride) a saracinesca. Poi io potevo andare il 23 o il 25 del mese, cercavo di essere… perché mi ero effettivamente creato anche il tipo di lavoro completamente autonomo.

 

 

UC: Fisicamente dove stavi, cos’era diventato quel campo sportivo?

 

Io inizialmente ero assunto matricola 16, prima di me c’erano solamente un gruppo di giovani. Nelle baracche. Poi nel ’71 e nel 72 erano cominciate le costruzioni edili, sia meccaniche degli impianti e allora era esplosa. I dipendenti – nel ’72, ’73, ’74 – siamo diventati sui tremila però altri tremila c’erano di imprese esterne. E abbiamo iniziato la trafila, poi io dal 80 ho cominciato a lavorare anche a Milano. Sistemazioni contabili. Chiamavano noi…

 

UC: Tu sei rimasto con l’Eni dal ’72 sino a quando?

 

Dal ’72 sino al gennio del 2000, avevo le condizioni per andare in pensione. Siccome…la scelta che dovevo fare era questa, o rimanere oppure andare in pensione, ma le pensioni stavano subendo quelle varie… e allora ho scelto e me ne sono andato nel 2000. Poi la Cucinini, dove avevo fatto la prima revisione contabile, mi voleva a tutti i costi (ride). Ma ho fatto la scelta.

 

UC: Sempre Eni, non hai mai…

 

No aspetta, io sono stato assunto dalla Chimica del Tirso e Fibra del Tirso le prime assunzioni, e poi successivamente siamo tutti confluiti in Enichem Fibre. Vabbè ci sono state altre società che si sono succedute, ma private, quella della pelle, dell’alcantara, hanno cercato diversivi ma non sono andate bene.

 

UC: Era un punto di vista interessante il tuo, tu hai visto succedere tutto lì. Chi arrivava e chi no, da dove venivano, quanti ottanesi, chissà quanti ti chiedevano una mano.

 

A livello degli uffici sì, effettivamente io ho fatto tutti i tipi di contratto, eccetto la contabilità industriale ma tutto il resto…contabilità attiva, pagamento dei fornitori, poi la contabilità generale, ho seguito un po’ tutto ecco. Effettivamente dal 80 in poi una settimana al mese me la passavo nei vari stabilimenti, trasferte, proprio per fare i controlli contabili.

 

UC: Ma hai visto questa massa crescere, nascere una vita nuova, vita sociale, hai visto nascere i sindacati, forse organizzarsi i partiti. Con che sguardo li guardavi? Tu sei di una famiglia cattolica…

 

Sì. Proprio come una cosa naturalissima, io ho continuato a trattare normalmente di tutto e con tutti.

 

UC: Non hai vissuto conflitti, non ti prendevano di mira per il tuo ruolo, non ti confondevano con i padroni, eri considerato uno di loro dai lavoratori?

 

No no no. Perché effettivamente quello che potevo fare l’ho sempre fatto senza che neanche venisse chiesto, sia nei confronti dei dipendenti, colleghi, operai, sia nei confronti anche delle imprese, delle società. Facendo il pagamento delle loro fatture, non facevo trascorrere tempo oltre quello contrattuale che avevano stabilito loro. Noi seguivamo tutto l’andare dei contratti stabiliti tra l’ordinante Eni e i fornitori, fornitori ne avevamo sia locali che esteri, tutte le imprese. Le imprese, quando con lo stato di avanzamento dei lavori con l’ufficio tecnico, si passava a pagare le varie quote stabilite dai contratti. Un anticipo…le percentuali del lavoro fatto, si cercava di tenere costante anche per loro l’andamento finanziario costante, perché anche la loro attività si basava su questo, l’economia è questa. Non ho lasciato mai… Solo amici. Un esempio, quello che forniva le tute alle guardie, Mura, di Orani. Amici. Tutti, tutti, società che fornivano anche ricambi per esempio cuscinetti, a Cagliari. Quelli erano i primi che io cercavo di…a livello contrattuale, normalmente, scadeva dopo trenta giorni, allora si cercava di provvedere e già riuscivo a gestirmelo.

 

UC: E invece la vita dentro la fabbrica, a un certo punto ti sei iscritto ai sindacato?

 

Ho iniziato con la Cisl poi… un dipendente di Ottana aveva problemi di salute, la moglie e aveva chiesto un anticipo sulla liquidazione e questo mi ha risposto no no, non vengono dati… I sindacati contavano allora, con l’azienda avevano qualcosa che i sindacati riuscivano ad ottenere, c’era uno scambio reciproco. Insomma dice no no, poi controllando, il mese successivo, due mesi dopo, ho visto che proprio questa persona alla quale avevo chiesto aveva chiesto lui un anticipo e io contabilmente me n’ero accorto, per  sé, per cambiarsi la macchina, l’avevo preso: senti.. e l’avevo anche sbattuto al muro, dispiaciuto per la persona che aveva problemi di salute, e ho piantato la Cisl e sono passato alla Uil.

 

UC: E invece vita politica?

 

Sempre Democrazia cristiana, attivo però non mi sono mai esposto, solo una volta contro il famoso sindaco Mario Lai, ma non a livello personale, proprio a livello politico perché avrebbe potuto dare molto di più a Ottana, invece lui si era dedicato ai provinciali, quando a Ottana aveva parecchio da fare, le assunzioni a Ottana. Invece aveva preso parola con altri, di fuori. Allora un anno io mi sono messo in lista, era proprio per contrastare questo modus facendi… Eravamo un gruppo, era ancora negli anni ’70, avevo anche la lista poco tempo fa. Ci eravamo presentati in tre liste e quello probabilmente lo ha fatto vincere di nuovo. Ma poi siamo sempre stati amici, un suo fratello era mio compare, e la figlia è comare perché ha fatto battezzare mio figlio dunque c’era un rapporto ottimo. Era un tipo di politica, non di quella che taglia purpa e ossu no, era uno scambio, civile, io non ho mai avuto un contrasto per politica o per sindacato. Anche se poi anche i sindacati come stavo dicendo prima, per loro l’accomodamento era prima il personale poi il generale.

 

UC: Quando hai visto tu e come giudicavi le prime difficoltà della fabbrica, cosa vedevi succedere dal tuo punto di osservazione?

 

Tieni conto che già nel ’84 è decollata la cassa integrazione a rotazione, quando arriva la cassa integrazione in una società è l’inizio della fine. Già DAL 84. Anche noi facevamo cassa integrazione a rotazione, anche gli uffici. E ho visto quello, poi negli altri dieci dodici anni ho detto: la prima cosa è arrivare alla pensione e chiudere il discorso, perché non c’è effettivamente un futuro, nel breve volgere. Sarà la fine dellazienda.

 

UC: Secondo te che cosa si sbagliava oppure era ineluttabile questo destino?

 

Beh si sbagliava innanzitutto… Lo sbaglio è stato iniziale, perché probabilmente in centro Sardegna un’industria chimica, sia per i costi, i trasporti che venivano fatti esclusivamente su gomma, sia per la zona che poteva essere sfruttata più a livello agricolo pastorale, con in effetti tutto l’iter, dalla produzione alla messa in commercio dei prodotti, quello è stato l’errore iniziale, la chimica, la chimica. E poi a livello ecologico…che cosa ne ha portato, che abbiamo avuto non solo il territorio di Ottana ma abbiamo avuto anche un Tirso inquinato, dove l’acqua delle coltivazioni attraversa mezza Sardegna, tutto l’Oristanese.

 

UC: Non gliene frega niente a loro, gli basta avere quella per produrre carciofi.

 

Vabbè ma Ottana per produrre lavoro cosa ha avuto? Ottana ne vedeva ben poco, tutto andava direttamente alle sedi Eni, i profitti. Nel breve volgere degli ultimi anni addirittura anche impianti interi venivano venduti alla Cina, roba simile, ai paesi asiatici. Poi successivamente con la chiusura…

 

UC: Scusa Giovanni, però i tedeschi l’hanno tenuta la chimica e mica vicino al mare, l’hanno tenuta nel mezzo delle pianure agricole, quelle sì agricole davvero. Noi abbiamo questa idea…

ma poi dopo la fabbrica ce n’è stato di tempo per l’agricoltura.

 

Ma anche il tipo di chimica, perché qui erano tutte fibre acriliche e poliestere, ma poi è intervenuta anche Tirsotex che poteva proseguire, ma anche lì si è subito… nemmeno aperta bene ed era già bloccata, in cassa integrazione, perché secondo me la filiera dev’essere completa per creare effettivamente degli utili e altre possibilità di sviluppo con altre industrie satellite. Per esempio, qui a Ottana non si è mai formata non so se sia stata volontà politica oppure che l’ottanese, il sedilese non abbia avuto dei lampi di genio ma non si è costituita nessuna società per fornire materiali direttamente.

 

UC: A Orani però un movimento del genere si è creato, loro avevano però un po’ di cultura industriale.

 

Ma è rimasta a livello locale.

 

UC: Qualcuno è grosso

E tuttavia ne parli anche con un certo entusiasmo tu di questa esperienza, ti viene da sorridere quando ne parli.

 

Sorridere perché come ho già anticipato per me il divertimento, la miglior soddisfazione me la dava il lavoro, perché mi sono anche organizzato, essendo già autonomo, decidendo anche le mie trasferte, io una settimana al mese ero sull’aereo, io il lunedì alle quattro partivo, andavo a Cagliari prendevo l’aereo ed ero a Milano in ufficio alle otto e mezza. Addirittura nel ’74 i famosi 740 che ho iniziato proprio da allora a fare a livello proprio di lavoro, mi son fatto il programma dei 740.

 

UC: Con che strumenti lavoravi?

 

Qui in stabilimento abbiamo avuto subito i super computer, con Ghitti era tutto manuale ma all’Eni – inizialmente non c’erano i computer, c’erano le segretarie che mandavano agli elaboratori, noi facevamo entrare i dati con una calcolatrice- e poi sono arrivati i computer, erano già nella sede di Milano, ognuno poteva entrare e fare quel che riteneva più opportuno, anche giocare, c’erano anche i giochi di carte…(ride)

 

FA: Aveva fatto dei corsi per usare i computer?

 

No, no. Mi piaceva, ho sempre fatto queste dichiarazioni, ero dentro proprio il discorso. Nulla, proprio il fai da te anche lì, anche perché i programmi per quanto riguardava la contabilità erano già predisposti, sia contabilità attiva che passiva, il bilancio usciva tutto in automatico. Come impiegati amministrativi siamo arrivati a cento persone. Noi avevamo cameroni dove eravamo, se abbiamo modo di entrare in stabilimento negli uffici… Non lo so adesso come sono, sono vent’anni che non ci torno.

 

UC: Cosa faresti tu della fabbrica?

 

La prima cosa buttare giù le torri, da lontano mi mette il malumore.

 

FA: Ma sono il simbolo, le torri.

 

Ma infatti è un simbolo, ma ritornando da fuori vedi queste torri e insomma ti mette già il malumore. Perché si poteva secondo me politicamente, come hanno iniziato, proseguire su qualche altro settore. Poi ci sono state troppe cose che hanno un po’ demoralizzato, il contratto d’area dato esclusivamente non per creare lavoro e occupazione, bensì per soddisfare …gli appetiti politici, perché la maggior parte erano legati ai partiti, alla politica.

 

UC: La tua vita invece fuori dalla fabbrica a Ottana? Era arrivata subito la famiglia, un po’ di politica locale l’hai fatta, insomma sei sempre stato presente anche nella vita sociale…

 

Sì sì ma poi l’ho lasciata la politica, perché ho visto che invece di migliorare come ogni cosa – il vino nuovo col tempo migliora – e invece la politica mi sembra che ha preso una strada…con un sistema Berlusconi che effettivamente ci ha condizionato tutti. Adesso politica, i partiti No, è stato creato un sistema orientato esclusivamente agli interessi personali o alle poltrone.

 

UC: Un capetto in ogni zona, che organizza un comitato elettorale…

 

Non trovo un partito che effettivamente mi soddisfi, diciamo non economicamente ma proprio con un programma che ..

 

UC: Un ideale…

 

No no. Adesso son tutti slogan, non c’è cose effettivamente qualche cosa di palpabile per poter dare almeno non ti dico… ma una speranza ai nostri giovani. Mi ha svuotato, oggi non ti so dire di che partito sono, molte volte stavo rimpiangendo… Hitler (ride)

 

UC: Eh no, no creo dai!

 

Nel senso di dire che bisogna intervenire, bisogna cambiare sistema, per cambiare sistema… effettivamente ci dev’essere

 

UC: Uno solo che comanda… ma con Draghi siamo già lì.

 

FA: E sua moglie lavorava?

 

No no, l’ho tenuta bene (ride)

 

FA: E la casa qui a  Ottana in che anni lavete fatta?

 

Me la sono fatta io. Ho cominciato nel ’74. Specialmente in quegli anni si pensava a queste grandi case…

 

UC: perchè c’era la possibilità di affittarle?

 

No no, per me non per affittare. Io per esempio anche Bosa la uso io per tre mesi ma non l’ho mai affittata, l’ho data agli amici ma affittare no. Infatti adesso, una mia idea, questa casa che ho qui a Ottana la lascio a mio figlio, sto pensando, e io ne prendo una piccolina di quelle case vecchie, ristrutturarla, a piano terra, per la mia vecchiaia.

 

UC: Ma tuo figlio vuole stare qua? Tornare?

 

Adesso è a Oristano, sta facendo uno stage nelle cantine sociali. Ha le idee chiare, mi piace, lo vedo maturo.

 

 

UC: Tra gli interessi tuoi, che sono molteplici, c’è la lettura, per esempio? Leggi?

 

Letture!? Guarda, ci avrò libri che riempirebbero vedi questi? (indica gli scaffali della biblioteca). Almeno quattro volte tanto queste librerie. Ma io ho iniziato da subito, per esempio da prima che avessi i bambini avevo già comprato una ventina di libri di favole, enciclopedie, minimo tre. Poi libri di lettura, tutti i classici. Ce li ho ancora incartati, col cellophane. Poi tutti i libri di scuola ho tenuto, tutti, miei, dei miei figli. In questo momento stavo leggendo un pochino la mafia, presi qui in biblioteca, è tutta la serie, poi tutti i libri dei sequestri di persona. Voglio libri distensivi, fra parentesi, distensivi non impegnativi. Non mi metto a leggere Dottor Zivago.

 

UC: Non più, ma l’hai già letto?

 

No no, l’ho iniziato poi l’ho trovato pesante perché più che altro io leggo la sera dopo cena, appena finito di cenare quasi quasi sto scappando per andare a leggere, a parte che mi sono organizzato con occhiali di ingradimento,  l’abat-jour, tanto so che a mia moglie piace la televisione e so che fino a mezzanotte non mi scoccia (ride)

 

UC: A proposito di sequestri, di Travaglino* cosa ti ricordi?

 

Pochino, Travaglino l’ho quasi… rimosso. Più che altro i sequestri della zona mi interessano. Quelli sardi tradizionali che hanno coinvolto persone che poi gira gira si sono conosciute, si conoscono.

 

UC: Com’è Ottana oggi, il paese, come lo giudicheresti?

 

Non lo so, in effetti sta uscendo da questa fase industriale con la mentalità vecchia. Non c’è in effetti uno spirito… anche nei giovani, di vedere il futuro anche dal punto di vista del lavoro. Queste agevolazioni statali, reddito di cittadinanza, ha portato non lo so, non penso un beneficio esclusivamente. Ma molti vizi, molti giovani che godono di questo più che altro sono orientati o al bar o alle macchinette. Molte volte mi capita quando vado a prendere il caffè, vedi qualcuno alle macchinette e la barista dice: vedi, ha già cambiato, ha già fatto… già speso tanto… Ma come fai?

 

UC: Questo ragazzo che ha fatto il libro di antropologia vedi, quello è un modello interessante, è uno studioso e aiuta il babbo nell’oleificio. Tuo figlio sarà così.

 

Lui è orientato per esempio a estensioni di terreno per dedicarsi proprio alla campagna, perché gli piace questo.

 

UC: A Bosa e alla Planargia è affezionato lui?

 

Più che altro vuole estensioni, nell’Oristanese gli piace, anche a livello di terreni, perché la sua idea.. adesso c’è la vigna, sta parlando di vigna, e infatti io ho un oliveto a Modolo Io ce l’ho proprio… davanti al frantoio, è bellissimo.

 

UC: Lo curi tu, personalmente?

 

Adesso con la mia età sto cercando di far fare agli altri, lavori pesanti sto evitandoli. Anzi adesso mi sono tenuto di andare a fare il pastore di pomeriggio da mio genero, ha settecento pecore, qui a Ottana, sotto Orani.

 

UC: Ci vai volentieri?

 

Sì sì, per fare una cosa mi deve piacere.